giovedì 20 febbraio 2014

La baia nuvolosa della gioventù italiana - Il Sauvignon Blanc Cloudy Bay e il lavoro di Adrian Paci

L’abbinamento che propongo oggi è per lo più di natura concettuale: il minimo comun denominatore tra un Sauvignon prodotto in Nuova Zelanda e le opere di Adrian Paci è, infatti, il tema dell’emigrazione.
La Nuova Zelanda, appunto, è al giorno d’oggi per molti giovani italiani una sorta di “Nuova America” dove cercar fortuna. Dal momento che anche io sono una giovane italiana, penso spesso all’ipotesi di costruire la mia vita altrove, ed è per questo che quando mi sono scontrata per la prima volta con i lavori di Adrian Paci (che si pronuncia Patzi), mi è sembrato di provare un forte senso di empatia… 


Centro di permanenza temporanea, 2007


Back home, 2001
Quasi tutto il lavoro di Adrian Paci è appunto incentrato sul tema dell’emigrazione, della casa (in particolare la mancanza della propria casa), del viaggio, l’abbandono del luogo al quale si sente di appartenere, che sembra essere l’unica scelta per garantirsi un futuro dignitoso.
Paci ha vissuto questa situazione nel ’97 abbandonando l’Albania a causa della crisi e stabilendosi a Milano con tutta la sua famiglia, dove aveva già soggiornato cinque anni prima per frequentare il corso di “Arte e Liturgia” dell’Istituto Beato Angelico grazie ad una borsa di studio.

Nonostante il regime comunista nel quale l'artista è cresciuto e la formazione di tipo prevalentemente figurativo e di contenuto propagandistico ricevuta, il linguaggio artistico di Paci si è rapidamente ampliato, sperimentando differenti mezzi come video, performance, sculture e particolari “tableaux vivants” in cui famiglie di stranieri in Italia vengono fotografati davanti alle immagini delle proprie case, nei loro paesi d'origine.


Home to go, 2001
 Il Sauvignon Blanc Cloudy Bay, a mio avviso, si dimostra per queste opere un valido compagno: la sua lontanissima provenienza (Marlborough, Nuova Zelanda), l’etichetta grigia recante un paesaggio che sfumandosi rende l’orizzonte appena percettibile, e le sue caratteristiche organolettiche sono un insieme di elementi che richiamano e valorizzano armoniosamente le sensazioni di malinconia, smarrimento e partecipazione che Adrian Paci sa procurare al suo pubblico.

Cloudy Bay - Sauvignon Blanc
2013
Un bicchiere di questo vino è effettivamente capace di richiamare suggestioni legate al viaggio e alla scoperta: il liquido, che si presenta di un chiarissimo giallo paglierino cristallino e consistente, non appena viene liberato dalla bottiglia, emana profumi di un’intensità tanto coinvolgente da ricordare la sensazione che si prova non appena si giunge in un nuovo Paese, e ci si rende conto che l’aria e gli odori sono diversi da quelli che si respirano a casa.

Cloudy Bay - Sauvignon Blanc
2013
La scia fortissima di frutta gialla tra cui la pesca e la papaya predominano, accompagnata da profumi che ricordano il kiwi e il mandarino (i quali anticipano la leggera e piacevole asprezza che si rivela all’assaggio), sembra riportare alla mente l’abbondanza che si spera di trovare altrove, in posti più ricchi di risorse. Note di giglio, fiori di cera e di tiglio e camomilla suggeriscono l’idea di “floridità” e serenità che spesso si nutre nei confronti delle possibilità offerte dall’estero.
L’insieme dei profumi si chiude con note gessose e di iodio che ricordano il mare, elemento che ritorna anche all’assaggio, momento in cui ci si rende conto di quanto la salinità sia quasi prepotente in questo vino. E’ difficile non pensare al mare quando si parla di migrazioni, così come è difficile non ritrovarlo in un vino prodotto su un’isola il cui terreno alluvionale e ciottoloso gli conferisce una mineralità tanto potente.

Klodi, 2005 (video)
Trovo che l’accentuata freschezza di questo vino, acidulo al punto da risultare quasi pungente, si contrapponga in modo piuttosto equilibrato alla malinconia che Paci esprime quasi teneramente quando, attraverso le sue opere, racconta le storie dolorose di chi, con enorme coraggio, ha abbandonato ciò che gli era più caro per ricominciare tutto daccapo in un nuovo mondo, il più delle volte ostile e diffidente.
Coerentemente a quanto detto sopra, il vino è decisamente secco. Difficilmente si potrebbe accompagnare l’opera di Paci a un vino con residuo zuccherino, a meno che non si voglia cercare un prodotto specificatamente dedicato alle opere in cui l’adorabile figlioletta dell’artista racconta delle favole popolari.

Credo che anche la buona persistenza del vino si avvicini molto a quelle che possono essere le sensazioni provate dai soggetti e dal pubblico delle opere di Adrian Paci, ma forse questo particolare aspetto è il più soggettivo fra quelli esposti fino ad ora, visto che, personalmente, dalla prima volta in cui ho scoperto i suoi lavori per caso non sono più riuscita a dimenticarli. Mi ha colpita tanto al punto da inserirlo immediatamente tra i miei artisti preferiti.

Se sono riuscita ad incuriosirvi riguardo questo magnifico, magnifico, magnifico artista sono ben contenta di linkarvi un video documentario molto approfondito grazie al quale conoscere meglio il suo lavoro e la sua storia.


E se vorrete seguire il mio suggerimento di accompagnare queste opere a un bicchiere di Sauvignon neozelandese, sappiate che lo troverete abbastanza facilmente in qualsiasi enoteca ben fornita, dal momento che si tratta di un vino molto famoso e apprezzato in tutto il mondo.
Bon voyage!